Sara Mormando, la storia esemplare di come si supera l’autismo con il canottaggio nel racconto di papà Gaetano

La storia della sua famiglia, di sua sorella Giulia e quella sua hanno fatto il giro dell’Italia in occasione di uno Speciale TG1 andato in onda qualche domenica fa. Una storia di ordinaria disabilità, a Palermo, che può diventare normalità in una famiglia che come ha sottolineato il papà Gaetano è “autistica”. Due figlie entrambe affette da autismo, ma Sara è una bambina di 15 anni, cosciente del suo “problema”, che lotta ogni giorno per essere come gli altri coetanei.

Sara (nella foto in alto tra Serena e Giorgia Lo Bue con gli amici della Canottieri Palermo) è pronta per diventare una campionessa di canottaggio. I primi a crederci sono lei stessa, i suoi genitori Gaetano e Linda (nella foto in basso) e i tecnici della canottieri palermo, la sua seconda casa, la casa del suo sport.

Prima di fare canottaggio, Sara Mormando era una bambina pigra. Anzi, “pigra in modo incredibile”, spiega il papà Gaetano. Poi, tre anni fa, alla Cala di Palermo, l’incontro che ha cambiato la vita. E l’ha aiutata a sentirsi uguale agli altri. Nonostante l’autismo. Determinata come pochi, appassionata come tanti, oggi Sara si allena e gareggia per la Canottieri Palermo.

“Non perde un solo giorno. Per lei è inconcepibile saltare una seduta: fa parte del suo schema mentale, dell’autismo, che non le consente di accettare facilmente un cambiamento, un imprevisto che la distolga da questo appuntamento fisso”, racconta Gaetano. Che quando parla di sua figlia ci svelal’umanità, l’amore di un padre diverso dagli altri. E che circa undici anni fa ha scoperto l’autismo di Sara e della sorella più piccola, Giulia.

Due forme diverse: ad “altissimo funzionamento” la prima, molto grave la seconda. Insieme con la moglie Linda combatte, stringe i denti ogni giorno per sostenere quella che definisce “una famiglia autistica”.

“L’autismo è sempre, ogni minuto: a casa nostra si vive in funzione dell’autismo che condiziona qualsiasi cosa facciamo”, spiega Gaetano. “All’apparenza Sara è una ragazza come le altre: se non sai della malattia, non te ne accorgi facilmente, anche perché nel corso degli anni è migliorata molto. Lei ha delle difficoltà nelle attività astratte: ha problemi di apprendimento legati alla capacità comunicativa, per cui ci mette più tempo degli altri a capire. Giulia, invece, ha una forma gravissima. Ha scatti di autolesionismo, non parla. Non è muta, potrebbe parlare ma non sa come si fa e non le si può insegnare. A lei non interessa. Non ha nessun interesse. L’unica sua fissazione è il cibo”.

Per sara l’incontro con il canottaggio è stato fatale. “Frequentava un laboratorio dello sport gestito dalla Canottieri Palermo – racconta Gaetano -. Doveva fare canoa cinese (dragon boat, ndr), ma l’allenatore le chiese di fare una prova al remoergometro. Andò bene, così ci proposero di fare canottaggio. Sara fu entusiasta. All’inizio, con un neuropsichiatra abbiamo spiegato agli allenatori come rapportarsi con lei. Non è stato facile, soprattutto perché avevano di fronte un soggetto in cui non si vede. È difficile capire che le cose vanno spiegate con calma. Man mano Sara ha iniziato ad allenarsi e si è integrata bene con gli altri”.”

Dopo allenamenti e sacrifici Sara è al primo anno della categoria Ragazze. “Ogni piccolo progresso delle nostre figlie – aggiunge Gaetano – è una vittoria, una medaglia. Il fatto che Sara sia riuscita a gareggiare per noi era impensabile, anche perché lei non ha capito subito che cosa fosse lo sport. Quando ha cominciato, non ha capito cosa dovesse fare. Oggi Sara sa perché si allena e cos’è la gara. Noi non sappiamo dove Sara può arrivare. Lei però ha le idee chiare: si allena ogni giorno per migliorare e vincere”.

Sara gareggia assieme ai normodotati, agli altri atleti e non tra i disabili. “Con Dario Duca, dirigente della Canottieri – sottolinea Gaetano – si è deciso di far proseguire il cammino di Sara in categorie normali. Lei sa perfettamente qual è il suo problema, che riguarda l’apprendimento, ma da un po’ di tempo rifiuta di essere etichettata così, anche perché, per esempio a scuola, dove frequenta il primo superiore del liceo artistico, è la migliore nel disegno”.

E per migliorare e vincere nello sport ha due modelli importanti in casa Canottieri Palermo, le sorelle Lo Bue. “Il suo modello sono proprio loro. Mi dice sempre che vuole la tartaruga nella pancia come Giorgia Lo Bue. Giorgia e Serena sono le madrine di Sara. In Canottieri, tutti la coccolano, la chiamano Saretta”.

L’autismo quanto incide nel canottaggio. E quanto il canottaggio nell’autismo? “Se c’è un imprevisto entra in confusione. E poi bisogna dirle le cose sempre con molta calma. D’altro canto, il canottaggio l’aiuta ad acquisire autonomia. Quando è in barca con altri, affronta i suoi schemi mentali e cerca di superarli”.

Sara cosa vede nel suo futuro? “Il canottaggio e il disegno: vuole fare la fumettista in Giappone. E se le chiediamo cosa sceglie tra le due cose, lei risponde: “Perché non posso fare entrambe?”.

Tu e tua moglie cosa vedete nel vostro? “Concentriamo tutte le nostre energie nel presente, non potremmo fare altrimenti. Se penso al futuro, però, la vedo male. Fino a oggi è stato molto difficile ottenere diritti per queste ragazze. Ma quando non ci saremo più sarà un problema. La cruda verità è che oggi non voglio sapere che fine faranno quando saranno sole. Evito di informarmi, di sapere. Ma so che un giorno dovrò occuparmi anche di questo”.

Tu e tua moglie Linda vi sentite sfortunati, infelici? “Noi oggi non abbiamo più amici, siamo isolati, perché non è facile avere una vita sociale. Eppure cerchiamo di fare una vita normale. Per noi Sara e Giulia sono due ragazze speciali, ci hanno insegnato la semplicità delle cose, la possibilità di capire cos’è la diversità, di vivere la diversità, di vivere meglio. Nel nostro vivere male, viviamo meglio. E ci accontentiamo di poco”.

Si ringrazia per la gentile concessione rowingsicilia.org

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